I podcast, fenomenologia di un successo

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Spopolano un po’ ovunque, dai siti di informazione alle bacheche dei social network, passando per piattaforme di streaming on demand come Spotify. Sono i podcast, vero e proprio fenomeno mediatico del 2020 e del 2021, forte della tecnologia da cui nasce e di cui si serve, della comodità del servizio e della sua fruizione, certo, ma anche e soprattutto della potenza evocativa ed espressiva della voce.

Cos’è un podcast? Perché questa “moda”? Perché sta raccogliendo così tanto successo? Ora rispondiamo a tutto. Non a voce, ma per iscritto!

Che cos’è il podcasting

Per spiegare al meglio che cos’è un podcast bisogna fare un passo indietro, o meglio, aggiungere il suffisso -ing alla parola in questione e illustrare il concetto di podcasting, che è l’insieme delle tecnologie e delle operazioni relative al download automatico di file (audio ma anche video) detti, appunto, podcast, attraverso un’infrastruttura di trasmissione dati e un programma client detto feed reader (o aggregatore).

Insomma, con il termine podcasting si va a indicare una risorsa mp3 (o mp4) fruibile in qualsiasi momento perché scaricabile automaticamente, con un solo click sul tasto play, dalla piattaforma dove è stata caricata.

Il significato di podcast

Podcast è una parola composta dalla crasi tra “iPod” e “broadcast”. Spieghiamo: “pod” sta per “baccello”, “bozzolo”, “capsula”, mentre “broadcast”, dal verbo che significa trasmettere, sta – appunto  per “trasmissione”. C’è chi, però, sostiene che Apple almeno in questo caso non c’entri e che “podcast” sia invece l’acronimo di Personal-Option-Digital-CAST. O, ancora, l’acronimo di Personal-On-Demand-BroadCAST.

Origine e storia del podcast

I podcast non sono certi nati in questi ultimi anni, bensì nel primo lustro del nuovo millennio. Il 12 febbraio del 2004, infatti, Ben Hammersley scriveva sulle colonne del The Guardian della “audible revolution” in atto, nominando per la prima volta la parola podcast: “But what to call it? Audioblogging? Podcasting? GuerillaMedia”.

Il fenomeno podcast esplose fragorosamente a livello mondiale, tanto che nel 2005 “podcast” fu la parola dell’anno secondo il New Oxford American Dictionary. Da allora a oggi l’interesse verso questo strumento si è mantenuto alto, con alcuni picchi significativi a inizio 2006 e fine 2014; dopo un triennio di calo, nel 2017 il mezzo torna a calamitare particolare attenzione in modo crescente, imponendosi come fenomeno di massa internazionale a partire dalla primavera del 2020, coincidente con l’inizio della pandemia di Covid-19. Da dodici mesi abbondanti a questa parte il podcast si è consacrato come fonte di informazione e di svago, intrattenimento.

I (tanti) perché del successo

Le ragioni alla base del successo di questo formato sono diverse.
Il podcast si è affermato come prodotto-servizio d’ascolto che ha beneficiato maggiormente nel panorama della fruizione dei media grazie al contestuale affermarsi dello streaming online, con il quale condivide una caratteristica vincente, ovvero la comodità.

Un ascolto che avviene soprattutto a casa e in modalità multitasking, ovvero mentre si sta facendo qualcos’altro, come lavorare, fare le faccende di casa, allenarsi e via dicendo; un ascolto medio traducibile in circa venti-trenta minuti alla settimana, ghiotta possibilità per i siti di informazione che mettendo a disposizione un podcast possono aumentare il tempo di permanenza sul sito degli utenti. Tempo uguale denaro, a livello di monetizzazione pubblicitario.

E poi è un ascolto comodo e veloce, che nasce sia dalla voglia di informazione, sia da quella di intrattenimento. Insomma, il podcast è infotainment.

podcast cuffie

In più, nella stragrande maggioranza dei casi la fruizione è gratuita e il contenuto è la replica di programmi radiofonici (Radio 24 e La Zanzara, da anni, sono molto avanti su questo fronte), ma esistono anche podcast più esclusivi, a pagamento, reperibili su piattaforme di ascolto con abbonamenti ad hoc.

Ma i podcast non sono solo repliche, anzi: sia sui siti di informazione nazionali, sia su pagine social di ultima generazione (pensiamo a Will, per fare un esempio), vanno molto bene – soprattutto tra i più giovani – quei prodotti originali e quotidiani (o settimanali) come quello di attualità di Mia Ceran per Will, The Essential, o come quello di storia e divulgazione del professore Alessandro Barbero (disponibili su Spotify).

Piccola parentesi: in Italia uno dei primi giornalisti a cogliere la potenza del mezzo è stato Pablo Trincia, ex iena, con il suo podcast Veleno, al quale è seguito un libro e una docu-serie, quest’ultima peraltro da poco disponibile sul servizio streaming di Amazon. Inoltre, i podcast sono perfetto “contenitore” per gli audiolibri, non certo da oggi.

Ecco allora spiegati i podcast e i perché della loro inarrestabile (?) ascesa.
Così nel 2020 – secondo alcune stime – siamo arrivati ad avere 14 milioni di italiani avvezzi al podcast (+2 milioni sul 2019) e molto probabilmente arriveremo ad averne molti di più, perché questo 2021 sembra avere tutte le carte in regola per essere l’anno della consacrazione definitiva (?) dei podcast nel panorama dell’informazione e dell’intrattenimento italiano (e straniero) e della voce e dell’audio come il futuro della comunicazione mondiale.

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