La maggior parte del globo terrestre è ricoperto di acqua. Perché allora non produrre energia sostenibile sfruttandone i moti? Secondo le stime, le onde potrebbero produrre ben 2 TeraWatt di energia lungo le coste di tutto il pianeta. Si tratta di un quantitativo che soddisferebbe la richiesta annuale di elettricità nel mondo. Avete capito bene.
Oggi gli impianti e gli strumenti per ricavare energia sostenibile dalle acque marine sono realtà. La ricerca continua a far passi da gigante e l’Italia, con il Politecnico di Torino ed Eni More, si fa onore.
I vantaggi sono numerosi. Si parla di una disponibilità continua di onde e di grande prevedibilità per quanto riguarda intensità e movimenti. Ma anche i metodi per convertire le maree in energia sostenibile stanno diventando sempre più avanzati ed efficaci, coinvolgendo quasi tutti i paesi con uno sbocco sul mare.
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Quali sono i modi per produrre energia sostenibile dai moti marini?
Le opzioni sono numerose. Partiamo, ad esempio, dall’energia maremotrice, che viene ricavata dall’innalzamento e dall’abbassamento delle maree. La centrale più famosa del mondo che sfrutta questo processo si trova a Saint-Malo in Bretagna, dove l’energia viene prodotta da 24 turbine azionate dal cambio di marea. La centrale più grande del mondo, invece, si trova in Corea del Sud.
Oltre alle turbine, ci sono anche altri sistemi. Esistono strumenti che utilizzano galleggianti sul fondo, mulini subacquei e molti altri. Uno dei problemi più grandi dello sfruttare le maree sta nel tempo ridotto in cui può avvenire il processo, nonché nelle strutture necessarie, che hanno un grande impatto sull’ambiente circostante.
Esiste, poi, l’energia a gradiente salino (o energia osmotica). Il processo di produzione si basa sulla differenza di concentrazione del sale nell’acqua marina e in quella dolce. Si hanno due vasche, separate da una membrana forata da piccolissimi pori che permettono il processo di osmosi. Lo scambio d’acqua tra le due vasche genera pressione, la quale aziona una turbina. Ci sono già alcune centrali che adottano questo sistema in Olanda, Norvegia e Israele.
Si è pensato anche a degli strumenti simili a pale eoliche, da ancorare al fondale marino o a dei galleggianti. In alternativa, sarebbe possibile installare delle turbine su dei galleggianti, che lavorerebbero di poco sotto la superficie dell’acqua. In questo modo si potrebbero sfruttare le correnti di marea, più costanti rispetto alle onde. Questo metodo, secondo gli esperti, sarebbe il migliore nel lungo periodo.
Un’alternativa interessante è l’Ocean Thermal Energy Conversion (OTEC). Si basa su un sistema che ricava energia dalla differenza di temperatura che si presenta fra le acqua oceaniche più superficiali, rispetto a quelle in profondità. Gli impianti più famosi e avanzati si trovano alle Hawaii e nella zona meridionale della Cina.
Un impianto porta in superficie le acque situate in profondità, di temperatura più bassa, e le mette in contatto con quelle in superficie, che sono racchiuse in una vasca schermata e si trovano anche a 25 C°. Si verifica così uno scambio di calore, che viene trasformato in energia e in una parte di acqua dolce da un generatore. Si parla di impianti da ben 100 megawatt, autonomi dal punto di vista energetico. Con questo tipo di sistemi sarebbe possibile produrre un ammontare di energia pari a 1,3 milioni di barili di petrolio, ma in modo del tutto green.
Come procede la ricerca e la sperimentazione in Europa e in Italia?
In Europa il paese più avanti con i risultati è la Svezia, pionieri nel campo dell’energia sostenibile e dell’ambientalismo. È stata la prima nazione, infatti, a sfruttare il moto ondoso per produrre energia. A testimonianza di ciò, a Stoccolma, esiste la Ocean Energy Sweden: un’unione di università, istituti di ricerca e imprese nazionali che si supportano nello sviluppo di nuove tecnologie riguardo il settore dell’energia oceanica.
Ma anche l’Italia è uno dei Paesi più avanzati in questo campo. Già nel 2018 è stata inaugurata una piccola centrale per creare energia dalle onde a Pisa, progettata da 40 South Energy Italia. Più recente, invece, è l’inaugurazione di un laboratorio di ricerca a Torino, dove lavoreranno i team del Politecnico e quelli di Eni MORE (Marine Offshore Renewable Energy Lab). Si studieranno tutte le fonti di energia marina, anche quelle legate all’eolico e al solare offshore.
Le tecnologie sviluppate saranno testate a Ravenna. Qui si sta già studiando un convertitore del moto ondoso, l’Inertial Sea Wave Energy Converter (ISWEC). Si tratta del primo impianto al mondo capace di generare energia elettrica ibrida, ricavata sia dal moto ondoso che dal fotovoltaico. In questo modo si assicura anche l’autonomia delle strutture offshore utilizzate.