Rilevare i problemi della pelle con l’intelligenza artificiale di Google

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Un tema caldo, quello della salute, in un periodo storico come questo. Salute che riguarda non solo le tematiche relative al Covid-19, ma salute in generale, intesa come cura della persona. E anche Google, in quest’ottica, vuole dire la sua.

Al Google I/O che si sta tenendo in questi giorni a Mountain View, Big G ha presentato in anteprima uno strumento che mediante l’utilizzo di intelligenza artificiale promette di rilevare le condizioni di benessere della pelle, dei capelli e delle unghie.

L’utente potrà scattare tre foto dell’area interessata utilizzando la fotocamera del proprio smartphone e successivamente rispondere a una serie di domande inerenti al tipo di pelle, agli ipotetici sintomi ecc..

Google problemi pelle

L’azienda statunitense tiene a sottolineare (con un post sul suo blog) che lo strumento non ha lo scopo di diagnosticare il problema, tantomeno di sostituirsi ad una consulenza medica, bensì di fare un match tra foto presenti e risposte date da dermatologi per fornire le possibili corrispondenze al problema.

Le informazioni presenti nel database sono moltissime: sono infatti presenti milioni di immagini di problemi dermatologici, migliaia di pelli sane e circa 65mila immagini di condizioni di derma con malattie già identificate.

La decisione di Google di fornire questo strumento è stata presa dopo aver notato l’altissimo numero di ricerche fatte sull’argomento attraverso il proprio motore di ricerca. Come afferma Karen DeSalvo, chief health officer di Google Health in una recente intervista a TheVerge: “Molte persone su Google pongono domande sulle condizioni della pelle. Riceviamo circa 10 miliardi di richieste annuali sulla condizione della pelle”.

DeSalvo spera che questa applicazione possa fornire alle persone delle informazioni più accurate sulle potenziali problematiche senza passare ore a fare ricerche online personali per poi trarre delle conclusioni errate e superficiali come molte persone fanno.

Google sta inoltre collaborando con un team di ricerca della Stanford University per testare l’efficacia dello strumento in un ambiente sanitario e ad oggi ha ottenuto una certificazione Europea per l’utilizzo come strumento medico a basso rischio. Ma non è ancora stato valutato dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti.

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